istituto privato di ricerca + insegnamento + divulgazione scientifica = fondato a Palermo nel 1994

martedì 7 dicembre 2010

Che oggetto è la coscienza ?


Negli ultimi decenni è stato difficile parlare scientificamente di “coscienza”, poichè essa veniva considerata equivalente ad ogni altro “oggetto” di indagine. Uno strano “oggetto”, possesso privilegiato dell’uomo, ignorato in tutte le Scienze Naturali, che poi spuntava alla fine come una ciliegina sulla torta.

Il pensiero sistemico attuale ha invece sufficientemente compreso le implicazioni biologiche e psicologiche di ciò che chiamiamo “coscienza”, al punto da non poterne più fare un ambito settoriale che interessa soltanto delle Scienze Cognitive o la Psicologia Dinamica.
Ugualmente per ciò che abbiamo sin qui chiamato “mente”.
Abbiamo sufficienti dati per considerare questi due fenomeni come  processi distribuiti, almeno nei sistemi viventi.

Il passaggio delicato è stato la trasposizione dei dati scientifici a livello dell’osservazione dei processi umani ove, evidentemente, si ha l’emergenza di una particolare posizione dell’osservazione/osservatore rispetto il fenomeno osservato.
Il fenomeno osservato è “coscienza” e “mente”, e ciò che osserva l’oggetto è anche, a sua volta,  osservazione/osservatore mentale cosciente.

È questo un problema centrale in quelle Tradizioni che l’hanno affrontato e registrato (ad esempio quelle vedica e buddhista) e che, in vario modo, possono dirsi concordanti nel ritenere la “coscienza” l’ambito unitario in cui manifestano tutte la attività mentali e fisiche.
Ugualmente, la “mente” è considerato un unico campo distribuito di cui partecipano varie forme individuali. E per “materia” e “forma” si intendono i campi locali.

Interessante, in tali Tradizioni (come anche in quella taoista), è che queste assunzioni si trovano perfettamente integrate nella Medicina pratica.

La conseguenza operativa di questa prospettiva storicamente corroborata è che ognuno di noi individualmente partecipa effettivamente dell’unico esistente a livello di una consapevolezza fondamentale, per larga parte inconscia. In tale ambito unitario di coscienza avvengono i fenomeni conoscibili.
Nessuna dicotomia, pertanto, fra una supposta metafisica e la fenomenologia oggetto della Scienza e della Medicina.
Modernamente, questa posizione è correntemente sostenuta nell’ambito delle Scienze della Complessità (Laszlo, Bhome, Licata, ecc.).

1 commento:

  1. oggi nel mio ospedale è morto un neonato anencefalo.l'hanno trattato come un pezzo di carne del supermercato.."tanto non c'è,tanto nemmeno sa di esistere"buono forse per donare qualche organo,eppure oggi una mia collega mi ha detto che ieri mentre l'ho medicava ha percepito una reazione di dolore,una risposta di pianto..ma allora mi chiedo:dove è la coscienza?il neonatino forse era davvero anencefalico(forse perchè in 6 giorni di vita..a proposito cosa è stata?non aveva ancora fatto esami radiologici x capire cosa avesse e cosa no)ma come ha fatto a sentire dolore?perchè sentire dolore significa avere consapevolezza di se..e dove è questa consapevolezza?non può essere che ci sia una specie di coscienza cellulare diffusa che mantiene il ricordo di se,per evitare che qualcosa lo disperda?l'uomo è tale perchè sente di essere un uomo e non un animale ma siamo sicuri che un cagnolino non sappia di non essere un uomo?

    RispondiElimina