istituto privato di ricerca + insegnamento + divulgazione scientifica = fondato a Palermo nel 1994

martedì 5 ottobre 2010

Percezione e osservazione della percezione

C'è la percezione innocente della cosa, propria del bambino, e che spesso chiamiamo ingenua.
La  percezione "adulta" (non ingenua) è invece satura di memorie acquisite associate alla cosa che abbiamo di fronte.
Per l'adulto, la cosa viene percepita (1) in modo "appreso"; cioè già inserita in un univeso di senso condiviso.
Ciò è molto utile, oltre che del tutto automatico.
C'è una perdita però.
Nell'adulto, la cosa non viene più colta ed agita nella sua immediatezza.
Siamo tagliati fuori dall'universo delle "cose in sè".

Tutta l'esperienza delle nostre giornate è fatta di percezioni "apprese" automatiche generate da una storia cognitiva.
Si tratta di percezioni sature di significato psicologico, di disposizioni, di aspettative o -come si dice- dalla disposizione della mente osservante.
Così è la percezione - in un dato momento- di una donna, di un panino, di un cane che incontriamo per strada.

Non si può evitare che si manifesti una percezione, ma si può osservare, nel campo percettivo, la realtà di ciò che si manifesta alla coscienza: sempre di fronte c'è la cosa in sè + il giudizio percettivo.
Sono due cose distinte.

Sempre questi due oggetti ci sono in realtà, le cose nel/del mondo e la mente che osserva.

Chi osserva ciò - invece- non è nessuna delle due cose.

(1) In termini neuroscientifici, sempre: ["percezione" = "sensazione" + "cognizione"], ove l'aspetto cognitivo è sempre prevalente su quello sensoriale, persino nelle percezioni semplici (giallo, porta, bambino, ecc). Nelle percezioni più vaste, poi (mia figlia, Italia, la giustizia, la salute, ecc.) siamo dentro una bolla cognitiva personale che si proietta sulle cose riconoscendole per quello che crede già che siano. Praticamente ogni mente vive la sua visione del mondo. E la chiama, semplicemente, "il mondo".

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